Critica del Prof. Sergio Rossi – Doc. Univ. La Sapienza di Roma, Facoltà di Arte Moderna
Testo estratto dal volume: “ Esposizione Triennale di Arti Visive a Roma 2014” edito da Giorgio Mondadori
<<Prese l’architetto, se io non erro, pure dal pittore gli architravi, le base, i frontespizi e simili tutte altre cose; e con regola e arte del pittore tutti i fabri, iscultori, ogni bottega e ogni arte si regge…però usai dire tra gli amici, secondo la sentenza de’ poeti, quel Narcisso convertito in fiore essere della pittura stato inventore; che già ove sia la pittura fiore d’ogni arte, ivi tutta la storia di Narcisso viene a proposito. Che dirai tu essere dipingere altra cosa che simile abracciare con arte quella ivi superfice del fonte?>>.
Così scriveva Leon Battista Alberti nel suo Trattato sulla pittura del 1436. Ed è appunto alla “pittura” in ogni sua variazione stilistica che ha dedicato tutta la sua vita Antonio Anastasia, artista poliedrico e insieme appartato, si inserisce comunque a pieno titolo in quella tendenza alla riflessione sulle esperienze artistiche del passato che ha ormai conquistato tanti artisti contemporanei che vivono il ritorno al “dipingere” non come un qualcosa di passatista ma piuttosto come la risposta sempre attuale al bisogno di esprimersi connaturato in ogni essere umano.
Del resto oggi finalmente possiamo ricomporre il dualismo, troppo a lungo imperante, tra razionalità e fantasia, o per dirla con altre parole, tra ragione e sentimento, e riconoscere che non vi è alcuna incompatibilità tra questi termini e che anzi entrambi questi elementi sono necessari per la perfetta riuscita di un’opera d’arte. Ma oggi si è ricomposto anche l’altro grande elemento di contrasto che ha dominato l’estetica del Novecento, quello tra intellettualità e manualità, tra idea e prassi. Tramontata infatti la grande utopia dell’arte concettuale si è tornati ad apprezzare in un’opera d’arte, anche fotografica o di video-art, la cura fattuale o se si preferisce tecnica, con cui essa è eseguita, senza per questo nulla togliere al suo valore poetico.
Dunque il contrasto non è più tanto tra pittura e arte concettuale, tra figurativo e informale quanto tra arte colta e arte popolare, linguaggio comprensibile a tutti e linguaggio riservato a pochi, così come tra colui che sa fare arte, qualunque mezzo espressivo usi e colui che non sa farlo.
E i pregevoli e coloratissimi dipinti che scandiscono la carriera di Antonio Anastasia frutto di grande virtuosismo tecnico e assoluta padronanza cromatica, sono essi stessi prova dello sconfinamento dall’astrazione alla figurazione e viceversa, perché sono opere a volte rigorosamente informali, frammenti appunto, di nero, blu, grigio, illuminati da vividi bagliori di gialli, rossi, azzurri, pure forme fluttuanti in un immaginario spazio infinito colto nel momento della sua improvvisa esplosione; a volte invece sono dipinti di nitida scansione geometrica che si rifanno senza alcun complesso d’inferiorità, alla grande tradizione del primo Cubismo di Picasso e Braque rivisto però con l’occhio effervescente di un Balla o di un Depero, lasciando sempre, che la materia viva di una sua propria forza creativa, produca degli effetti cromatici e segnici a volta inattesi e che l’artista si limita a controllare e suggerire, ma non ad imporre.
Egli è in definitiva insieme figurativo e astratto, a volte delicato e poetico ed a volte cromaticamente e dinamicamente violento, come se in lui convivessero insieme il dott. Jeckill e mister Hyde, o meglio se entrambi si specchiassero in quella stessa fonte di Narciso citata all’inizio. Acutamente osserva Simone G. Pieralice:
“ Ogni opera di Anastasia porta con se le tracce di un passaggio attraverso luoghi, passioni, universi che sfociano nella narrazione di una dimensione sospesa tra realtà e immaginario. Mirabile il suo intenso lavoro artistico che sa cogliere e combinare, in linee e colori, messaggi a volte poetici e simbolici, a volte ricchi di un’espressività che scava nell’animo. La singolarità dei soggetti di Anastasia è ben evidente nella sua ultima produzione laddove i personaggi rappresentati si librano sul magma di una materia scomposta, a volte concepita per pluralità di colori che in accordo tra loro portano a una concretezza dell’immagine. L’identità viene così ricostruita per successive modificazioni di linee e nuove conclusioni formali – spaziali della composizione, emblematica a tal proposito è l’opera “ Forme nello Spazio” ed il ciclo di quadri di ispirazione Cubista e Futurista. Elementi che danno ossatura alle immagini, non casuali o estemporanei, ma parti di una cosciente addizione. Ognuna di queste tele raffigura un interno e complessivo equilibrio di segni e di forme, testimonianza d’una evidente e sensibile mediazione tra ordine e disordine. I dipinti nascono allora dalla complessità di un progetto-processo fondato su regola e irregolarità.
Triangolazioni nello spazio, forme convesse, linee, soluzioni geometriche il tutto espresso con un incontenibile tripudio di colori riflesso di un’anima solare e positiva, conseguenza ed esito della convinzione che l’arte possa avere quell’effetto taumaturgico e miracoloso finalizzato a lenire i dolori e le tristezze del secolo attuale.”
Entrando nello specifico di alcune delle sue opere più significative, inizierei dal bellissimo Giocatori di polo, dove quattro cavalieri si intersecano e si scontrano cubisticamente frazionati ma insieme nettamente distinguibili in un dipinto dove i riferimenti palesi a Delaunay e soprattutto al meno noto ma bravissimo Andrè Lothe e ai suoi Giocatori di rugby, questi riferimenti dicevo, non ci devono nemmeno distogliere, ancora una volta, dalle matrici italianissime del nostro Anastasia che risalgono niente di meno che al primo pittore cubista della storia dell’arte, ossia Paolo Uccello.
Scomposizioni di piani, giochi cromatici che si intersecano fra loro in una commistione equilibrata e armonica, una decostruzione della prospettiva in funzione di un annullamento dei canoni codificati dell’arte.
piccoli tasselli che raccontano il narrato dell’opera scomposti e ricomposti come fossero anagrammi. Forse, come per i cubisti, anche in Anastasia c’è la volontà di indagare il rappresentato sotto diversi punti di vista, sotto ogni angolatura al fine di rendere l’opera una sorta di “esperimento scientifico” che con pennelli e colori passa al setaccio ogni forma dello scibile umano per sottoporlo all’analisi lenticolare dell’artista.
E ancora mi piace citare la nitida Composizione di frutta, come di un Caravaggio rivisto attraverso gli occhi di Casorati, un Casorati però più solare e mediterraneo; o ancora il più dinamico e verticale Immagini di vita in composizione. Cubismo e astrattismo quasi sconfinano, poi, nel musicalissimo Ritmo o in Forme nello Spazio, per ricomporsi infine nel solenne Omaggio a Severini. Un’ultima osservazione infine sulla presenza della figura umana nella maggior parte delle opere di Anastasia. L’uomo infatti è solo apparentemente assente, sta nell’altra stanza, o fuori dalla finestra, o dietro la curva di un sentiero, in attesa del momento della sua riappropriazione, attraverso l’insostituibile strumento della pittura.
Vittorio Sgarbi Francesco Paglialonga Sergio Rossi Paolo Levi Gianni Romano Mario Nicosia Mariarosaria Belgiovine Claudia Sensi A. Confalone Tommaso Gargari Claudio Lepri Francesco Chetta Sandro Serradifalco Serena Carlino Salvatore Gerbino Salvatore Russo Beatrice Coppei Adelaide Scavino Jean Charles Spinà Dino Marasà Guido Folco Zina Bercovici Daniele Radini Tedeschi Aldo Maria Pero Raffaele de Salvatore Simone G. Pieralice Ingrid Gardill Eleonora Dusi (Pincherle) Carla d’Aquino Mineo Gastone Ranieri Ridoni Flavio de Gregorio Prof.ssa Giulia Sillato, storico e critico d’Arte